Quantcast
Channel: dalai lama – Pagina 188 – eurasia-rivista.org
Viewing all articles
Browse latest Browse all 153

La Francia e la Libia: intervista a Jacques Borde

$
0
0

Nella foto: Bernard Henry Levy

Fonte: http://www.geostrategie.com/3064/libye-entre-retour-a-la-normale-et-internalisation/print/

D – Cosa succede oggi in Libia?

Jacques Borde – Per quanto strano possa sembrare, ci troviamo tra un ritorno alla normalità sotto il controllo del governo di Gheddafi e un rischio di internazionalizzazione. Ritorno alla normalità nella misura in cui Gheddafi riprende gradualmente il controllo, come spiegherò in seguito. E un rischio reale di conflitto internazionale.

D – Come si spiega questo rischio?

Jacques Borde – Oh! Soprattutto a causa dell’incommensurabile visione geopolitica del caso da parte degli attori francesi. Nicolas Sarkozy e il suo capo della diplomazia, Alain Juppé, per rendere le cose chiare. Il primo sogna di essere un mix di Jules Ferry e Lyautey, il secondo, di brillare a livello internazionale, come ha fatto Dominique de Villepin con l’Iraq.

D – In breve, non Le piace Villepin?

Jacques Borde – Assolutamente no! Villepin è sempre stato vacuo a livello internazionale. Compreso il suo discorso davanti al Consiglio di Sicurezza. Prestazione senza molto interesse che non sarà seguita da alcun gesto, soprattutto nei confronti del popolo iracheno che, al momento, era vittima di un embargo genocida che ha fatto, vi ricordo, un milione e mezzo di vittime civili innocenti (tra cui più di cinquecentomila bambini). Ovvero CENTOMILA più di che ad Auschwitz, se faccio riferimento (la memoria mi perdoni) alle cifre che appaiono sulla targa commemorativa scoperta durante la visita al campo di sterminio di Binyamin Netanyahu (durante il suo primo incarico). La nostra bella comunità internazionale criminalmente più letale di Hitler! Capirete perché io sono diffidente rispetto alle pulsioni interventiste di certuni. Tuttavia, Parigi, Chirac e Villepin in carica, non ha mai provato a fermare la partecipazione della Francia al genocidio. Solo la partecipazione delle ali francese alla No Fly Zone (NFZ) sull’Iraq, fu in parte alleggerita. Per questa ragione, io sono contrario anche alla più piccola NFZ sulla Libia. Sappiamo come inizia: nessun volo militare, e poi nessun volo in assoluto. Compresi quelli sanitari. Con la conseguenza – un giorno o l’altro, se la crisi persiste, ma non sembra essere questo il caso – dei danni collaterali che uccidono sempre più civili innocenti…

D – Sarkozy si sbaglia, cosa ne pensa?

Jacques Borde – Divaga. Inoltre, si noterà che non è stato seguito dal resto degli europei, ed hanno ragione nel farlo. Del genere: “Come sempre, ne riparleremo tra un paio di settimane“. Quando tutto è sotto controllo ovvero sembra esserlo. La giocosa trascuratezza di Angela Merkel ha detto più di un lungo discorso su quanta poca intenzione ha di tenere in conto le proposte bellicose dell’inquilino dell’Eliseo. In effetti, solo i britannici – che hanno giocato fin dall’inizio la carta degli insorti, in quello che sembra più un colpo di stato di una minoranza putchista, che una vera e propria rivoluzione – fa finta di seguire Sarkozy, lasciandolo occupare, al posto loro, il ruolo del Pierino sopportabilmente detestabile…

D – Dove è il rischio, allora?

Jacques Borde – Nella capacità autodistruttiva di Sarkozy. Eppure è il capo dello stato e delle forze armate. Il problema di Sarkozy è duplice. Ha uno (scarso) bagaglio intellettuale e un ego smisurato. Geopoliticamente parlando, Sarkozy non ne sa molto a livello teorico. E’ un pragmatico e un animale politico, abbastanza dotato. Per il resto, egli trae la sua ispirazione tanto a destra che a sinistra dalle immaginette di Epinal, che gli servono come bagaglio geopolitico. Vale a dire poco. Spesso ha smaltato i suoi interventi con riferimenti a Jules Ferry. Uomo di sinistra, ma fondatore della vulgata del socialismo coloniale francese. Parlando alla Camera dei Deputati, Jules Ferry disse: “Signori, dobbiamo parlare più forte e più seriamente! Va detto apertamente che le razze superiori hanno diritti nei confronti delle razze inferiori. Ripeto ancora una volta, che per le razze superiori ciò è giusto, perché è un dovere per loro. Hanno il dovere di civilizzare le razze inferiori”. E Leon Blum, un altro sinistro ammirato dal capo dello Stato, ha proclamato, più recentemente, il 9 luglio 1925 (decisamente) lo stesso incitamento, “il diritto e il dovere delle razze superiori è attrarre quelle che non hanno raggiunto lo stesso grado di cultura“. Mescolate a ciò qualche pagina di De Gaulle mal digerita, le memorie confuse di Lyautey, e si ottiene la pappa del gatto…

D – Ma ci sono ancora persone che lo consigliano?

Jacques Borde – Chi? Su richiesta di Juppé – che aveva paura che l’uomo, troppo intelligente, avesse il sopravvento su di lui – ha chiesto e ottenuto che Jean-David Levitte avesse il benservito. Pierre Lellouche, uno dei maggiori esperti sui temi della difesa europea, non è a portata dell’orecchio del Capo dello Stato che qualche volta. Capirete bene: le scelte geopolitiche dell’Eliseo non riflettono le mie opinioni, come democratico, dal mio punto di vista… La geopolitica della Francia è gestita da incompetenti, ignoranti e impostori, non vi è cosa più grave.

D – A Suo giudizio, sul caso della Libia, Sarkozy non ha ascoltato nessuno?

Jacques Borde – Sì, ahimè! Bernard-Henry Lévy. Bernard-Henry Levy. In altre parole, un individuo disordinato. le cui competenze sulle relazioni internazionali sono distorte, parziali e vaghe. BHL, vi ricordo, è un saggista, un pamphlettista, un filosofo – in effetti, ne approfitto per lanciare un appello: dove posso leggere le tesi e le memorie che sostengono lo status di “filosofo” del signor Levy? – Ma non è certo un geopolitico, un polemista, né qualsiasi altra cosa. Avere un’opinione su tutto non fa di te un esperto su una cosa specifica. Al massimo – ma è già abbastanza grave – un giornalista. Niente, comunque, che lo legittimi a consigliare il Capo dello Stato in materia di politica estera. Da qualche parte, BHL, sarebbe una sorta di bussola che indica il… sud. Chiaramente, non lo seguirei ovunque lui dica di andare…

D – E sulla Libia?

Jacques Borde – Sulla Libia, sarebbe quindi BHL, che, di passaggio a Bengasi, avrebbe fortemente consigliato il presidente francese a ricevere i rappresentanti del comitato dei pinco-pallini locali. E quindi, rendendoli i rappresentanti ‘legittimi’ (sic) del popolo libico e sostenendo, perciò, gli attacchi aerei. Il problema è che BHL non ha alcun bagaglio intellettuale, militare, paramilitare, scolastico, universitario che fa di lui un esperto del Mediterraneo, della Libia o delle questioni strategiche. E’ un fenomeno tipicamente francese: a differenza degli anglosassoni, non abbiamo (o ne abbiamo pochi) specialisti, che in qualsiasi modo, sono molto meno ascoltati dei nostri “intellettuali“. Ciò che è, e senza difficoltà l’ammetto, il signor Levy. Ora, cos’è un “intellettuale“? Di fatto, chiunque abbia un parere su tutto, a partire da questioni completamente al di là delle proprie competenze generalmente limitate. Conoscete il proverbio sulla cultura: “meno se ne ha, più la si sfoggia“. I nostri intellettuali sono la stessa cosa: non sanno nulla o molto poco, ma hanno un parere su tutto: Darfur, Libia, Timor Est, nucleare, scioglimento dei ghiacci, digitale, ecc. E il peggio è che c’è chi li ascolta…

D – Perciò, per Lei BHL è il pappone per gatti di cui sta parlando?

Jacques Borde – E’ un parere, perché no? E’ il diritto di ognuno ad avere proprie opinioni sui temi del momento. Ma da lì, a consigliare il Capo dello Stato e degli eserciti, a spese del nostro futuro! E se anche ipoteticamente, vi dicessi che la NATO basasse la sua strategia sul SOLO parere di Amelie Nothomb, scrittrice del resto brillante, prima di bombardare a tappeto Tripoli e Abidjan, come reagireste?

D – Come si spiega quest’aberrazione francese?

Jacques Borde – La prassi, permanente dall’epoca di Chirac, dei nostri dirigenti di circondarsi di persone di cui sanno di non avere nulla da temere. Di un pugno di intellettuali cortigiani, e di compari costosi, ottusi, obbedienti e assai incompetenti (ma non abbastanza coraggiosi da dire la verità al grande uomo). Poi si distribuiscono le poltrone in base alle intese politiche. Con Mitterrand, era diverso. Vi erano Dumas e Vedrine agli affari esteri. E Michel Jobert brevemente! Con Sarkozy: Kouchner, MAM, Juppé. E non parlo della Difesa – Morin, bravo ragazzo che non sapeva niente, e ora Juppé – tutto ciò, lasciando Pierre Lellouche in disparte. Che tristezza…

D – Lei cita spesso Pierre Lellouche. Ne ha un’ottima opinione, a quanto pare?

Jacques Borde – Sì. Leggete il suo rapporto sulle armi di distruzione di massa, poi mi direte. Lo vidi in una conferenza stampa, lavorare assieme a dei VERI specialisti in materia di difesa … geniale! Il fatto del perché Nicolas Sarkozy (con cui Lellouche, tuttavia, condivide gran parte degli impegni) non l’ha mai promosso alla Difesa o agli Esteri, resterà una delle domande senza risposta che ancora mi turba circa il mandato di questo presidente. Ma cosa posso farci?

D – Con Lellouche sarebbe stato diverso?

Jacques Borde – Non posso giudicare le idee di Pierre Lellouche sul caso libico non avendo avuto nulla da valutare su questo argomento. Ciò di cui sono certo, è che la sua condotta delle operazioni sarebbe stata professionale, completa ed estremamente efficace. Se dovessimo avviare un wargames o un gioco di ruolo, con la Libia come teatro, non vorrei giocare la partita al fianco di Gheddafi, se Lellouche fosse dall’altra parte del tavolo. Fortunatamente per loro, non è così, in realtà …

D – Quindi Gheddafi è vincente?

Jacques Borde – Sì.

D – Può cambiare la situazione?

Jacques Borde – Senza un intervento esterno, no! A quanto pare, come fanno gli eserciti moderni operativi, Gheddafi ha istituito delle task forces (da una a quattro, senza dubbio), unendo le sue truppe più esperte. Queste sono state delegate a liquidare le sacche nemiche, con pazienza, una per una. Apparentemente, questo è stato fatto, per ora, senza eccessi, senza perdite tra la popolazione civile, comunque, tenendosi lontano dal caos – creato, e di ciò, ci si rende sempre più conto col ritorno alla calma, da agitatori e da opportunisti strumentalizzati – aspettando solo di ritornare alla calma e allo status quo ante. Ovviamente, le forze in gioco non sono molto numerose. E le perdite giornaliere sono basse. Accettabile a livello internazionale in ogni caso. Noi non siamo né con una parte né l’altra, né Stalingrado e neanche Grozny!

D – E sulla questione dei mercenari israeliani a fianco di Gheddafi?

Jacques Borde – Ho letto qualcosa in tal senso firmata da Thierry Meyssan. Io però non ho analizzato la questione. Ma seriamente, non voglio cadere nella teoria del complotto. Vedendo le immagini, ciò che si arriva a vedere sono delle unità regolari … libiche, che impiegano materiale di origine essenzialmente sovietica e russa, che è quello di cui è dotato da decenni l’arsenale militare locale. A giudicare da ciò che vediamo delle tattiche sul campo: questa rimane la scuola classica sovietica. Nulla di molto “israeliano“. Quanto al fatto che delle compagnie militari private (PMC) israeliane abbiano cercato (e se del caso, riuscito) a posizionarsi, cosa c’è di più normale? Il terreno è perfetto per le loro competenze. Tuttavia, questa competenza appare poco nelle immagini. Tutto è molto rustico e molto “scuola di guerra russa“. Per quello che si vede, ovviamente…

D – Cosa pensa degli insorti?

Jacques Borde – Oh, non molto. Alcune motivazioni, un sacco di confusione, l’opportunismo, vi ho detto, professionalità e risultati assai pochi… Il loro problema è che ora hanno di fronte veri professionisti con materiale reale. Il vecchio T-55 ha lasciato il posto a T-72 e T-80. Le forze regolari cominceranno ad allineare lo ZSU-23 Shilka. Formidabile nel combattimento urbano (e molto russo come modus operandi). Tuttavia, il resto è classico: le armi leggere a base di AK, RPK. Ma i libici non sembrano adottare le tecniche di combattimento nate durante le battaglie di Grozny. Ad esempio, non si vede la fanteria super-attrezzata con gli RPG, usati ad oltranza per ripulire le posizioni nemiche. Gli insorti, invece, sono dotati di cianfrusaglie e non sembrano nemmeno in grado di utilizzare i loro FAL, un’arma notevole, come dei veri fucili da battaglia (come i Marines USA fanno con i loro M14 in Iraq ed Afghanistan), fanno un sacco di rumore, ma si battono assai poco sul terreno. Essere un Bojviki [combattente ceceno, ndr] non s’improvvisa… Per quanto riguarda gli aeromobili, le immagini mostrano Su-22 Fitter e Su-24 Fencer sempre più precisi di fronte a una difesa aerea al culmine dell’inefficienza tattica.

D – Dovrebbe durare a lungo secondo Lei?

Jacques Borde – Se Gheddafi non commette l’errore di compiere massacri su larga scala, tali da provocare un intervento esterno – e, per come stanno andando ora le cose, con pazienza e metodo – un paio di settimane al massimo. Probabilmente PRIMA del prossimo incontro europeo sul tema. Il grande problema sarà Bengasi. Ma una buona strategia di accerchiamento e assedio, alla sovietica, dovrebbe risolvere il problema.

D – Un assedio tipo Grozny?

Jacques Borde – Nemmeno. I ribelli (neppure le forze regolari) non hanno né le risorse umane e materiali neanche per fare un remake, anche su piccola scala, delle battaglie di Grozny.

D – E a livello internazionale?

Jacques Borde – Smettiamola di farci dei film. Nonostante l’onanismo mediatico dei nostri intellettuali parigini, chi vuole davvero morire per Bengasi? Certamente non loro (e probabilmente neanche gli insorti). Il loro genere è piuttosto: “Armiamoci e partite”. L’unico problema è che questa volta, nessuno vuole andarci. Non basta saper tenere una penna per essere Malraux. Tanto meglio.

Infine, due punti positivi su questo caso:

1. Avrà permesso a Seif el-Islam di affermarsi e di dimostrarsi uno statista. Ai piedi del muro, si è dimostrato essere competente, efficiente e… misurato

2. Lo stato libico, come sempre, che ha mostrato gravi lacune in termini di funzionamento, s’è svegliato e ha dimostrato una reattività inaspettata di fronte ad una grave crisi. A quanto pare, per i libici, i tempi del dilettantismo e di una certa noncuranza (anche se faceva parte del loro fascino) è una reliquia del passato. Tanto meglio per la Libia e i Libici…

* Jacques Borde è uno storico e giornalista francese.


Traduzione di Alessandro Lattanzio

http://www.aurora03.da.ru

http://www.bollettinoaurora.da.ru

http://aurorasito.wordpress.com/


Viewing all articles
Browse latest Browse all 153

Latest Images

Trending Articles